Oratore è Jean Claude Pinto, presente assieme alla moglie Serenella per raccontare la loro incredibile avventura.
 
Conosco da diverso tempo Jean Claude nell’ambito dei Camp che organizza ogni anno raccogliendo una dozzina di ragazzi e ragazze da tutto il mondo facendoli vivere in Milano una esperienza meravigliosa. Io collaboro con lui e non vi nascondo che ha capacità organizzative davvero eccezionali.
 
In questo ambito avevo avuto modo di incontrarlo ai primi di febbraio e sapevo dell’imminente viaggio programmato nell’arcipelago forse più bello del mondo.
Nell’introdurre il racconto viene ricordata una frase dello scrittore David Russel che recita “Life to me is a journey - you never know what may be your next destination.” e mai questa frase fu così profetica.
 
Come in un film poco prima della partenza e nonostante le prime avvisaglie di contagio a Codogno e nonostante un po’ di tosse e raffreddore poco prima della partenza, il desiderio a lungo agognato di un viaggio da favola ha il sopravvento su una cautela che poteva sembrare eccessiva e nonostante il forte realismo della moglie.
 
Il 5 marzo si parte e si arriva il giorno successivo, villaggio da favola, bungalow sull’acqua, spiaggia incantevole, mare unico.
I sintomi influenzali sono nettamente migliorati.
 
L’otto di marzo, Festa della Donna, arrivano le notizie della chiusura e dell’isolamento dell’Italia, qualche timore per il rientro ma volutamente i problemi vengono momentaneamente rimandati.  Due giorno dopo, il 10 compare la febbre, 37,5 gradi, viene subito interpellato un medico che vieta ogni contatto obbligandoli a rimanere in stanza fino a nuove indicazioni.
 
Nella notte arriva l’ordine di allontanamento e, preparati in fretta e furia i bagagli, del personale protetto da tute e maschere prelevano i nostri “deportandoli” con motoscafo ambulanza in altra isola non molto distante dove da 10 anni terminava di accogliere ospiti il Club Mediteraneè.
 
Struttura in totale abbandono.
 
Breve nota a latere, siamo abituati a vedere i villaggi vacanza sempre in perfetto stato con strutture ordinate, pulite ed efficienti. Le foto di Jean Claude mostrano una realtà completamente diversa dove la decadenza è amplificata dal ricordo di luoghi dove svago e divertimento regnavano sovrani. È comprensibile come l’impatto psicologico giochi un fattore importantissimo.
 
Visita Completa, compreso tampone che purtroppo risulta positivo.
Mai compreso dove fosse avvenuto il contagio.
 
Struttura all’aperto il clima assolutamente mite lo permette ma non vi è difesa per gli insetti e ben presto le zanzare diventano presenza costante insopportabile.
Comunque, il personale infermieristico e medico proveniente dall’India e dallo Sri Lanka, tutti giovani, intorno ai trent’anni, veri angeli per sensibilità e attenzione nelle cure, per quanto potesse essere fatto in loco.
 
La febbre continua, l’ossigeno a supporto della difficoltà respiratoria e quattro visite mediche al giorno non riescono a togliere il senso di apprensione ed angoscia nel trovarsi in una situazione così lontana dalle proprie abitudini di vita.
Gli effetti della pandemia cominciano a farsi vedere anche in un luogo così lontano ed appartato come le Maldive dove nei giorni successivi altri turisti vengono portati in questa struttura di primo isolamento e così in pochi giorni si arriva a dieci ospiti provenienti da vari villaggi.
 
Nonostante la grandissima disponibilità del personale medico e paramedico il disagio è forte sia per il carattere della struttura di accoglienza molto spartana, sia per la mancanza di collegamenti internet stabili che facilitino i contatti con i familiari.
 
Iniziano anche i contatti con Consolato di Malè, con Ambasciata in Sri Lanka ed ovviamente con il Rotary Club locale che si dimostra subito di grandissima disponibilità.
 
Il pressing politico assieme alle migliorate condizioni fisiche permettono alle autorità sanitarie lo spostamento in un’altra struttura.
 
Il 18 si riparte verso Velidhu Island, altro villaggio turistico dismesso da qualche anno ma riattivato nelle minime funzioni per accogliere i turisti in fase di quarantena.
 
 Anche in questo caso l’antico splendore del villaggio contrasta con lo stato di abbandono e di tristezza ma i coniugi Pinto reagiscono alla depressione con lavori di riordino e pulizia per dare ai luoghi un aspetto più decoroso.
In mezzo agli insetti, ai bungalow un po’ fatiscenti ed alla sensazione di incertezza costante la natura maldiviana riesce a dare momenti di pace e di stupore con i colori del tramonto oppure il passaggio di uno squalo in pochi centimetri di acqua.
 
Nel frattempo, le pressioni esercitate presso il consolato e i messaggi di aiuto ai rotariani locali cominciano a concretizzarsi con l’arrivo di cibi più confacenti ai nostri stomaci e un collegamento internet che facilitasse il contatto con i familiari n Italia.
Nonostante i tentativi di normalità il timore di eventuali ricaduta segnale di aggravamento ed era sempre presente e purtroppo dopo 10 giorni dalla prima sintomatologia alla moglie di JC ricompare la febbre con la paura che potesse rappresentare una aggravante del decorso della malattia.
 
Per fortuna il tutto rientra nella normalità, la febbre scompare e la vita nel villaggio-lazzaretto prosegue nell’attesa allieta dall’arrivo di approvvigionamenti da parte dell’Ambasciata italiana con generi di conforto culinario.
 
Finalmente dopo oltre tre settimane dall’arrivo alle Maldive arriva l’esito del secondo tampone negativo della moglie e la possibilità di poter rientrare a casa.
Viaggio disagevole e lunghissimo per la mancanza di collegamenti aerei regolari ma dopo un primo scalo a Doha nel Qatar e poi a Bruxelles e successivamente a Fiumicino ed infine a Milano, finalmente a casa.
 
Qui la fine del racconto di viaggio ma poi che il racconto dello spirito dell’uomo che racconta i propri stati d’animo e non vi nascondo che l’emozione è profonda.
JC all’inizio della sua cronaca ci rammenta che è sua abitudine confrontare le proprie difficoltà con le difficoltà maggiori che altre persone hanno dovuto superare e pensa che se avesse proposto questa disavventura a Primo Levi o a Rita Levi da Montalcino rispetto alla loro non avrebbero avuto dubbi su cosa scegliere.
La forza nel sapere prendere i momenti belli anche in situazioni difficili è sicuramente esempio di forza d’animo e grande capacità di adattamento.
 
JC e Serena ci fanno vedere la dedica su di un libro regalo di una coppia siciliana che riassume l’essenza di quanto successo:
L’sola dei Positivi 27/3/2020
 
“A Serenella e Jean Claude – Siete stati dei compagni di “sventura” unici, un conforto in un momento di bisogno veramente indispensabile.
La vita è un viaggio meraviglioso, non smette mai di insegnare e ricordare i valori come l’umiltà, la solidarietà e l’amicizia.
 
Siamo felici di averli riscoperti insieme a voi.”.
Applauso e grande emozione, molti amici hanno testimoniato la forza d’animo, l’intelligenza e la sensibilità di Jean Claude ringraziando per averli resi partecipe di tanta esperienza di vita.
 
I ringraziamenti del presidente ed il tocco della campana chiudono questa serata davvero speciale.
Pietro Castelli