Monsignor Mauro Longhi
 

Lo scorso 2 Novembre, Monsignor Mauro Longhi ha celebrato la santa messa in commemorazione dei defunti.

Come da tradizione, la funzione è stata preceduta dal ricordo degli amici rotariani che ci hanno lasciati. Un elenco di nomi molto lungo, la cui lettura ha suscitato un sentimento di umana tristezza e di nostalgia. Volti, vite, conservate nel ricordo.
A questa inevitabile “corrispondenza di amorosi sensi”, per dirla con le parole del Foscolo (che è “celeste”, ma che ci tiene stretti al contesto terreno), ha fatto seguito l’omelia di Monsignor Longhi, che, muovendo da San Paolo, ci ha invitati ad avere fede e a guardare “le cose di lassù”. L’invito è a non smarrirsi nelle sole cose terrene, che non hanno per il cristiano valore definitivo. “Si tratta di lavorare, di impegnarsi, di concedersi il giusto riposo, ma col sereno distacco di chi sa di essere solo un viandante in cammino verso la Patria celeste”. La vita eterna, ci ricorda Monsignor Longhi è la promessa per chi crede in Cristo. L’amore di Dio è misericordia ed è rivolto all’umanità: accompagna l’uomo nel suo cammino verso l’eternità. Quindi, “non abbiamo qui una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura”.

Al termine della funzione, ci siamo riuniti in conviviale presso il ristorante “Alla Cadrega” ove abbiamo assaporato, oltre al menù, il piacere della nostra compagnia e conversazione. Un’occasione che, a parere di chi scrive, ha confermato l’importanza di ricercare momenti conviviali più "raccolti", meno formali, da dedicare alla più intensa condivisione di noi stessi. Rafforzare l’amicizia scambiandosi opinioni e contenuti aiuta a trovare maggiori stimoli e a lavorare meglio assieme.
OMELIA NELLA MESSA PER I DEFUNTI  ROTARIANI
 
Mons. Mauro Longhi ha introdotto la Celebrazione e ratto penitenzia/e con le seguenti parole:
Cari fratelli e sorelle, cari stimati Rotariani del Rotary Club Milano Castello, caro Presidente, Avv. Luca Faotto,
siamo qui questa sera per accogliere l'invito della Chiesa che, dopa avere celebrato la Solennità di Tutti i Santi, ci invita a commemorare tutti i fedeli defunti, volgendo il nostro cuore e la nostra mente a coloro che ci hanno preceduto, concludendo il cammino terreno.
Siamo qui in particolare per offrire suffragi, innanzitutto questa Santa Messa e poi molte preghiere per i Soci Rotariani, quasi un venire a visitarli per esprimere loro, ancora una volta il nostro affetto, per sentirli ancora vicini.
Contempliamo il mistero della comunione dei santi del cielo e della terra. Noi non siamo soli, ma siamo avvolti da una grande nuvola di testimoni: con loro formiamo il Corpo di Cristo, con loro siamo figli di Dia, con loro siamo fatti santi dallo Spirito Santo. Gioia in cielo, esulti la terra!
La gloriosa schiera dei santi e le anime del Purgatorio intercedono per noi presso il Signore, ci accompagnano nel nostro cammino verso il Regno, ci sprona a tenere fisso lo sguardo su Gesù il Signore, che verrà nella gloria in mezzo ai suoi santi.
Disponiamoci a celebrare il grande mistero della fede e dell'amore, confessandoci bisognosi della misericordia di Dio.
 
Cari Fratelli e sorelle,
  1. «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le case di lassù». Le parole che abbiamo ascoltato poc'anzi nella prima lettura (Co/ 3,1-4) ci invitano ad elevare lo sguardo alle realtà celesti. lnfatti, con l'espressione «le cose di lassù» San Paolo intende il Cielo, poiché aggiunge: «dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio».
L'Apostolo intende riferirsi alla condizione dei credenti, di coloro che sono «morti» al peccato e la cui vita «e ormai nascosta con Cristo in Dio». Essi sono chiamati a vivere quotidianamente nella signoria di Cristo, principio e compimento di ogni loro azione, testimoniando la vita nuova che è stata loro donata nel Battesimo. Questo rinnovamento in Cristo avviene nell'intimo della persona: mentre continua la lotta contra il peccato, è possibile progredire nella virtù, cercando di dare una risposta piena e pronta alla Grazia di Dio.
Per antitesi, I' Apostolo segnala poi «le cose della terra», evidenziando così che la vita in Cristo comporta una «scelta di campo», una radicale rinuncia a tutto ciò che - come zavorra - tiene l'uomo legato alla terra, corrompendo la sua anima.
La ricerca delle «cose di lassù» non vuol dire che il cristiano debba trascurare i propri obblighi e compiti terreni, soltanto non deve smarrirsi in essi, come se avessero un valore definitivo. Il richiamo alle realtà del Cielo è un invito a riconoscere la relatività di ciò che è destinato a passare, a fronte di quelle realtà che non conoscono l'usura del tempo. Si tratta di lavorare, di impegnarsi, di concedersi il giusto riposo, ma col sereno distacco di chi sa di essere solo un viandante in cammino verso la Patria celeste; un pellegrino; in un certo senso, uno straniero verso l‘eternità.
  1.  Per questo essi hanno potuto pregustare la «vita eterna», di cui ci parla l'odierna pagina del Vangelo (Gv 3,13-17) e che Cristo stesso ha promesso a «chiunque crede in Lui». L'espressione «vita eterna», infatti, designa il dona divino concesso all'umanità: la comunione con Dio in questo mondo e la sua pienezza in quello futuro.
La vita eterna ci è stata aperta dal Mistero Pasquale di Cristo e la fede è la via per raggiungerla. È quanta emerge dalle parole rivolte da Gesù a Nicodemo e riportate dall'evangelista Giovanni: «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna» (Gv 3,14-15).
Gesù, nella conversazione con Nicodemo, svela il senso più profondo di quell'evento di salvezza, rapportandolo alla propria morte e risurrezione: ii Figlio dell’uomo deve essere innalzato sul legno della Croce perché chi crede in Lui abbia la vita. San Giovanni vede proprio nel mistero della Croce il momento in cui si rivela la gloria regale di Gesù, la gloria di un amore che si dona interamente nella passione e morte. Così la Croce, paradossalmente, da segno di condanna, di morte, di fallimento, diventa segno di redenzione, di vita, di vittoria, in cui, con sguardo di fede, si possono scorgere i frutti della salvezza.
Continuando il dialogo con Nicodemo, Gesù approfondisce ulteriormente il senso salvifico della Croce, rivelando con sempre maggiore chiarezza che esso consiste nell'immenso amore di Dio e nel dona del Figlio unigenito: «Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare ii Figlio unigenito». È questa una delle parole centrali del Vangelo. Il soggetto è Dio Padre, origine di tutto ii mistero creatore e redentore. I verbi “amare” e "dare" indicano un atto decisivo e definitivo che esprime la radicalità con cui Dio si è avvicinato all'uomo nell'amore, fino al dono totale, a varcare la soglia della nostra ultima solitudine, calandosi nell'abisso del nostro estremo abbandono, oltrepassando la porta della morte.
  1. L'oggetto e il beneficiario dell'amore divine e il mondo, cioè l'umanità. È una parola che cancella completamente l'idea di un Dio lontano ed estraneo al cammino dell'uomo, e svela, piuttosto, il suo vero volto: Egli ci ha donate il suo Figlio per amore, per essere il Dio vicino, per farci sentire la sua presenza, per venirci incontro e portarci nel suo amore, in modo che tutta la vita sia animata da questo amore divino. Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e donare la vita. Dio non spadroneggia, ma ama senza misura. Non manifesta la sua onnipotenza nel castigo, ma nella misericordia e nel perdono. Capire tutto questo significa entrare nel mistero della salvezza: Gesù è venuto per salvare e non per condannare; con il Sacrificio della Croce egli rivela il volto di amore di Dio. E proprio per la fede nell'amore sovrabbondante donatoci in Cristo Gesù, noi sappiamo che anche la più piccola forza di amore e più grande della massima forza distruttrice e può trasformare il mondo, e per questa stessa fede noi possiamo avere una "speranza affidabile", quella nella vita eterna e nella risurrezione della carne.
 
Cari fratelli e sorelle,
con le parole tratte dal libro delle Lamentazioni, chiediamo che i Soci Rotariani che oggi ricordiamo, possano ora conoscere pienamente quanta «buono e il Signore con chi spera in Lui, con l'anima che lo cerca» e sperimentare che «presso il Signore è la misericordia e grande presso di Lui la redenzione» (Sal 129).
E noi, pellegrini in cammino verso la Gerusalemme celeste, aspettiamo in silenzio, con ferma speranza, la salvezza del Signore (cfr Lam 3,26), cercando di camminare sulle vie del bene, sostenuti dalla grazia di Dio, ricordando sempre che "non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura"
(Eb 13,14). Amen.