La Relatrice, Prof.ssa Olga Coratelli, ha quindi preso per mano tutti i partecipanti e dato inizio a un viaggio verso l’antica Grecia, un’esperienza che ha regalato emozioni e ci ha fatto rivivere nell’immaginazione il mondo di quell’epoca, sia quello reale che quello intimamente legato a quest’ultimo, ovvero quello mitologico.
 
Ribaltando il titolo al maschile, come meglio in prosieguo si capirà, si può esclamare ... beato Odisseo! ovvero beato Ulisse, che ancorché considerato, anche ai giorni nostri, uno dei personaggi più ingegnosi e saggi della letteratura mondiale, viene nella relazione della serata valutato sotto un diverso profilo, quello di uomo e marito.
 
Anche sotto quest’ultimo aspetto Ulisse risulta assolutamente interessante nonché invidiabile rappresentante del genere maschile, attesi i suoi rapporti con donne bellissime, a partire da Penelope, la moglie, figura centrale sicuramente ma forse, appunto e come viene anticipato nel titolo, non preferibile, questa volta però secondo una visione prettamente femminile.
 
I Soci del RC Milano Castello si sono ormai abituati a ritrovarsi su zoom, anziché attorno ai tavoli del Westin Palace di Piazza della Repubblica, o forse anche più che semplicemente avvezzati, perché dai dati statistici forniti dal Presidente Motti ad inizio serata emerge una percentuale di partecipazione maggiore sulla piattaforma web, rispetto a quella dei precedenti ritrovi socio-gastronomici.
 
Il parere di chi scrive è che questo distanziamento sociale ci ha portati a rivedere alcune cose e a rivalutarne altre, tra le cui ultime il piacere di assaporare, più delle vivande, quelle emozioni offerte da amicizie consolidate in anni di frequentazione, di appartenenza alla stessa associazione, costruite sulla condivisione di ideali e di progetti, contraddistinte da lavoro ed esperienze comuni.
 
La riunione su zoom è sicuramente un succedaneo, rispetto ad una partecipazione conviviale fisica, per quanto apprezzabile e di fatto apprezzata, ma forse il brillante risultato delle statistiche potrebbe trovare origine in tale ipotizzata e conseguita consapevolezza.
 
Quello che è certo, in ogni caso, è che, chi in misura maggiore e chi minore, tutti confidiamo di ritornare presto a vivere quella socialità che costituisce una delle prevalenti espressioni genetiche del nostro essere, così come è altrettanto sicuro che tutti ci auguriamo di abbandonare quel senso di pericolo o anche solo d’insicurezza che oggi ci trasmettono semplici comportamenti e manifestazioni di affetto, come una stretta di mano, un bacio o un abbraccio.
 
Sempre certo, inoltre, è che il manifestato gradimento partecipativo a questa conviviale mitologica è anche conseguenza dell’interesse e della curiosità che la Relatrice, la Prof.ssa Olga Coratelli, docente di greco e latino presso il Liceo Parini di Milano, ha saputo prima provocare con la scelta dell’argomento nonché dello stesso intrigante titolo della sua relazione, quindi nutrire nel corso di quest’ultima.
 
Ma partiamo dagli Inni alle bandiere, rectius a Daniela, moglie del Past President Sause, la cui bella immagine di sfondo del PC ospitante ha sostituito il video “classico” e accompagnato la melodia degli stessi, segno anticipatore e, allo stesso tempo, certificatore della centralità del ruolo della donna, oltre che nel tema della serata, anche nella vita dell’uomo ... e mi auguro che leggendo si possa percepire il suono dello stradivari che accompagna il battito delle dita sulla tastiera.
 
Presenti, oltre al Presidente Guido Motti, i Soci del RC Milano Castello: Maurizio Agnesa; Adriano Anderloni; Enrico Bombelli; Massimo Borioli; Gabriele Bresciani; Massimo Burghignoli; Pietro Castelli; Mario Dufour; Luca Faotto; Raffaele Jacoel; Rodolfo La Spada; Marco Loro; Fabiola Minoletti; Cesare Parazzi; Simona Rataggi; Federico Sagramoso; Craig Sause; Dario Schlesinger e Pino Sorbini.
 
Graditi ospiti: Luigi Capone, marito della Relatrice; Tiziana Monaco, ospite del Club; Antonella, moglie del Socio La Spada; Daniela, moglie del Socio Sause; Michele Plescia, ospite del Socio Sause; Roberto Ferrari, ospite dello scrivente; Emanuele Rosario de Carolis, ospite del Socio Agnesa e Gabrielle Dallamaria, ospite del Socio Jacoel.
 
La Relatrice, Prof.ssa Olga Coratelli, ha quindi preso per mano tutti i partecipanti e dato inizio a un viaggio verso l’antica Grecia, un’esperienza che ha regalato emozioni e ci ha fatto rivivere nell’immaginazione il mondo di quell’epoca, sia quello reale che quello intimamente legato a quest’ultimo, ovvero quello mitologico.
 
Ribaltando il titolo al maschile, come meglio in prosieguo si capirà, si può esclamare ... beato Odisseo! ovvero beato Ulisse, che ancorché considerato, anche ai giorni nostri, uno dei personaggi più ingegnosi e saggi della letteratura mondiale, viene nella relazione della serata valutato sotto un diverso profilo, quello di uomo e marito.
 
Anche sotto quest’ultimo aspetto Ulisse risulta assolutamente interessante nonché invidiabile rappresentante del genere maschile, attesi i suoi rapporti con donne bellissime, a partire da Penelope, la moglie, figura centrale sicuramente ma forse, appunto e come viene anticipato nel titolo, non preferibile, questa volta però secondo una visione prettamente femminile.
 
Sì, perché come spiega la Prof.ssa Coratelli, che delle donne di Ulisse tralascia coscientemente Nausicaa, giovane figlia del Re dei Feaci e Circe, ammaliante maga di discendenza divina, la contrapposizione che più di tutte spiega meglio il diverso ruolo delle donne in quell’epoca è quello tra Penelope e Calipso, splendida Ninfa, Dea del Mare.
 
Ma perché preferire di essere una concubina, per quanto divina, piuttosto che non una moglie? la risposta è articolata e complessa ancorché in estrema sintesi e semplificando si può affermare che non le mogli ma le concubine si trovavano ad essere più tutelate e destinate a vivere una vita più agiata e considerata secondo la società del tempo.
 
Per quanto sconsolante sotto diversi aspetti, è una conclusione che mette tutti d’accordo, non solo gli uomini, forse caratterizzati, vuoi per l’occasione che per l’estemporaneità, da un approccio “leggero”, ma anche le Signore, titolari di una posizione più “strutturata” e critica.
 
Ciò che si svela, attraverso la narrazione della Relatrice, è una realtà che può stupire, come detto anche deludere, la quale si traduce nella conclusione che non corrisponde a verità il concetto secondo il quale, il nostro mondo occidentale, sarebbe qualificato e prevalente esportatore di valori di eguaglianza e libertà in favore delle donne, rispetto a quanto possa registrarsi presso alcune culture orientali.
 
Il percorso prescelto dalla Prof.ssa Olga Coratelli per condurre i partecipanti alla conviviale verso tale riflessione, quando non convincimento, ha inizio dalle storie d’amore contenute nell’Iliade e nell’Odissea, più in particolare da quelle contenute in quest’ultimo poema, ancorché anche dall’intreccio dei rapporti amorosi intercorsi tra Menelao, Elena e Paride, tra Achille e Briseide e persino tra Achille e Patroclo, la figura e il ruolo della donna in quella società emerge in tutta la sua evidenza e gravità.
 
Peraltro, l’Iliade, ancorché poema eroico e di guerra che trova origine nell’onta del ratto di una moglie, quindi apparentemente legato al sentimento dell’amore o della gelosia tra uomo e donna, in verità non riserva grande spazio all’argomento, risultando in esso anche l’amore tra due personaggi di spessore come Ettore e
Andromaca assumere un ruolo di secondo piano, rispetto a quello tra due guerrieri come sono Achille e Patroclo, segno che anche a prescindere dalla natura materiale o spirituale di quest’ultimo rapporto, tale sentimento trova “casa” più al di fuori del vincolo del matrimonio che non al suo interno.
 
Più spazio all’amore dedica invece l’Odissea, che come il primo poema dev’essere considerata alla stregua di uno strumento disincantato per rappresentare la realtà del tempo, attraverso la mitologia.
 
In precedente conviviale il nostro socio Raffaele Jacoel ci ha illustrato come anche il fumetto abbia rappresentato un espediente per descrivere la realtà e raccontare situazioni che forse si avrebbe avuto difficoltà a riportare in termini più diretti.
Il parallelismo è d’uopo in questo caso, perché ben difficilmente si sarebbe potuto ammettere o confessare che nell’antica Grecia, la culla della nostra civiltà, la figura femminile e la condizione della donna all’interno delle Polis erano alquanto mortificate, anzi che le donne non avessero neppure un ruolo all’interno di esse e non solo giuridico.
 
Sì, perché anche sotto il profilo sentimentale, il ruolo della donna è legato prioritariamente a quello di moglie, ma ciò nel senso di garante della continuazione della specie, peraltro possibilmente di genitrice di individui di sesso maschile.
 
L’amore, in particolare, si concretizza in uno stato di obbedienza e subalternità della donna all’uomo, donna che deve fare tutto il possibile per piacere e dare piacere allo stesso, che deve possedere una bellezza che l’avvicini per quanto possibile a una dea, che deve curare l’aspetto fisico e l’abbigliamento per rendersi desiderabile e che allo stesso tempo deve eccellere nei lavori domestici.
 
Quello che stupisce e ci fa notare la Prof.ssa Olga Coratelli, peraltro, è che più che non un’obbedienza verso l’uomo, ovvero nei confronti del proprio marito, la donna è responsabile e soggetta ad un’obbedienza verso lo Stato.
 
Si tratta quindi di una condizione la cui disciplina non è demandata al volere personale di questo o quell’altro coniuge, alla sensibilità o al sentimento del medesimo, bensì ad una regola generale.
 
Anche i rapporti di natura sessuale rivelano aspetti fondamentali sulla condizione delle donne, poiché le mogli, nel nostro caso rappresentate tutte dalla figura di Penelope, non avevano nemmeno il diritto di desiderare il proprio uomo, a differenza di quanto invece accadeva laddove la figura femminile fosse stata quella di una dea come Calipso.
 
La Relatrice arricchisce la propria esposizione con la proiezione di slides, in cui riporta anche specifici passi dell’Odissea, dialoghi al cui ultimo riguardo lo scrivente richiama quello in cui Telemaco, figlio di Ulisse e di Penelope, tratteggia tutt’altro che benevolmente la figura della propria madre e ciò non in quanto la stessa non fosse rimasta fedele al marito o si sia dimostrata anche solo interessata ad altri uomini, bensì l’esatto opposto, perché non voleva concedersi più.
 
Solo divinità come la Maga Circe o la Ninfa Calipso potevano tenere comportamenti o assumere ruoli di superiorità nei confronti degli uomini, anche se la genia della Maga, in quanto forte ... virile ... veniva comunque considerata riprovevole e contraddistinta da un potere sulla volontà maschile legato a pozioni magiche, quindi al sotterfugio.
 
Come si legge nell’Odissea, in uno dei brani condivisi dalla Relatrice, Ulisse accetta di condividere il letto con Circe e con la magia, questo per circa un anno, mentre sette anni durò il rapporto dello stesso con Calipso, a testimonianza di una generale accettazione e riconoscimento di dignità ai rapporti con le concubine, anzi per come riferisce la stessa Relatrice a testimonianza del fatto che molte cose concesse a queste ultime venivano invece negate alle mogli.
 
La relazione prosegue con l’analisi di un autore contemporaneo di Omero, Esiodo, che nelle sue opere tratta il mito di Pandora, la prima donna mortale della mitologia greca, creata da Efesto su ordine di Zeus e il cui nome deriva da “pan” (tutto) e “doron” (dono), quindi in sintesi un essere che contiene tutti i doni, una donna bellissima e votata a soddisfare qualsiasi desiderio dell’uomo, un ruolo perfettamente in linea rispetto a quello raccontato da Omero, anche se la sua notorietà è rimasta più legata alla sua curiosità, che l’avrebbe portata ad aprire quel vaso affidatole dallo stesso Zeus con l’ordine di non aprirlo a qualsiasi costo, liberando così sulla terra tutti i mali del mondo.
 
A prescindere, in ogni caso, dalla metafora del vaso di Pandora, quello che rileva nel corso della serata e che per Esiodo la donna discende da un genere maledetto, che seduce, crea desideri struggenti e provoca affanni che fiaccano le membra, un essere dall’indole ambigua e menzognera, dalla mente sfrontata e dai discorsi ingannatori, in sintesi estrema una “trappola a cui non si sfugge”.
 
Questa rappresentazione per nulla lusinghiera della donna così come il suo ruolo per nulla stimato o garantito dalla cultura dell’epoca trovano ulteriori testimonianze nella relazione, ma per ragioni di tempo ci si limita a citare quelle relative alle leggi di Gortina, un complesso di norme dell'antica Grecia, scritte in una grande epigrafe risalente al VI-V secolo A.C., rinvenuta nel 1884 a Gortyna (isola di Creta), da una missione archeologica italiana guidata da Federico Halbherr.
 
Tra queste norme si legge che l’adulterio è punito con una pena pecuniaria, a testimonianza della prevalenza del fattore economico rispetto a quello sentimentale nell’ambito del matrimonio e che la figlia è data in sposa dal padre o dal fratello, quale attestazione dell’assoluta irrilevanza di qualsiasi volere della donna riguardo al matrimonio stesso.
 
La donna non subiva sanzioni per l’adulterio non perché garantita ma perché non contava nulla, non assurgeva tanto a una posizione sociale attiva quanto passiva all’interno della Polis.
 
La vita delle donne era quindi essenzialmente circoscritta alla procreazione, ma mentre i figli maschi erano cresciuti dalle madri, le figlie femmine erano cresciute dalle schiave, quindi relegate nel Gineceo, la parte più interna e nascosta delle dimore greche, in cui veniva vietato loro di avere qualsiasi contatto con chi non facesse parte della famiglia, anche perché a soli 4-5 anni le stesse erano già state promesse in moglie a uomini presso la cui casa venivano consegnate come merce in matrimonio all’età di 13-14 anni.
 
La disparità di trattamento era così evidente che persino i figli maschi delle concubine godevano diritti e considerazione maggiori rispetto a quelli goduti dalle mogli dei loro padri.
Senza contare che alla concubina si aggiungeva la etèra, donna colta al cui fianco gli uomini partecipavano alle manifestazioni sociali.
 
Ciliegina sulla torta di così servito banchetto storico-culturale, il fatto che Socrate venne condannato per empietà in quanto riconobbe l’esistenza di una capacità intellettuale femminile.
 
Le storie, gli aneddoti e le informazioni che la Prof.ssa Olga Coratelli ha condiviso sono ancora molte, ma già da quanto sinora riportato e rinviando in ogni caso alle slides che saranno messe a disposizione di coloro i quali si paleseranno interessati, si può comunque sintetizzare l’insegnamento che se ne ricava, ovvero che non possiamo legittimamente arrogarci il ruolo di storici custodi del diritto di libertà e indipendenza del genere femminile e, soprattutto, dobbiamo riflettere intimamente sulla correttezza e solidità dei nostri pensieri.
 
La lotta tra il bene e il male è strettamente legata all’eterno conflitto esistente tra le forze dello spirito, ovvero tra la vocazione al trascendente e le pulsioni della materia, una guerra che a seconda delle varie epoche storiche ha visto prevalere le une sulle altre e viceversa e la cui alternanza deve evitare che ci possiamo illudere che anche i nostri progressi culturali e intellettuali non possano patire regressione.
 
È un insegnamento che deve farci riflettere e che merita di essere mutuato in più contesti, compreso quello rotariano, così da non correre il rischio, allorquando ci confronteremo o rapporteremo con coloro nei cui confronti e in cui favore prestiamo le nostre attività di service, di sentirci superiori o meritevoli di un’agiatezza che a questi difetta.
 
Grazie quindi alla Prof.ssa Olga Coratelli per averci regalato un’occasione per riflettere sulla libertà, sulla famiglia e quindi anche sul Rotary, in quanto espressione di identici valori affettivi e culturali.
Marco Loro